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Martedì, 23 Aprile 2024
UX26 - Progetto per palazzo di giustizia PDF Stampa E-mail

UX26 - La casa di Astrea – progetto per il nuovo palazzo di giustizia di Milanoimmagine UX26 progetto per il nuovo palazzo di Giustizia di Milano
Progettazione di una facciata strutturale resistente alle esplosioni.


Obiettivo della tesi è stata la progettazione di una soluzione di facciata strutturale in grado di assicurare il requisito primario di un Palazzo di Giustizia: la sicurezza agli attacchi esterni e nello specifico quelli perpetrati con esplosivi.

INTRODUZIONE

La progettazione di un Palazzo di Giustizia, infonde una doppia sensazione. Emotivamente, la soddisfazione di progettare un edificio pubblico di tale importanza. Intellettualmente il timore di cadere in uno dei due modelli che oggi generalmente si presentano alla cultura architettonica. Quello retorico repressivo, dove il potere viene espresso plasticamente e spazialmente in maniera non democratica, dove avvocati, pubblico ed imputati non hanno uno spazio appropriato. Oppure il modello architettonico di derivazione anglosassone dove un’apparente democrazia fa si che la giustizia abbia, come espressione architettonica, quella di un qualsiasi palazzo di uffici, che mette in evidenza l’aspetto amministrativo e si esime dal dare forma a un contenuto ben più complesso. Spirito motore di questo lavoro é stata la volontà di progettare uno spazio diverso tenendo conto che il concetto di giustizia, inteso come ciò che é reputato giusto o ingiusto dalla società e che all’atto pratico si
traduce in leggi, é mutato con le epoche storiche facendosi di volta in volta espressione delle culture e delle società. La giustizia non é quindi oggettiva, ma soggettiva ed in continua evoluzione. Non e’ assoluta, metafisica, immutabile. Nonostante il variare della giustizia nel tempo, lo spazio in cui si é esercitata ha però sempre avuto proprie caratteristiche di sacralità. Una sacralità interpretata in senso etimologico in quanto giudice ed imputato, pubblico ministero ed avvocati sono protagonisti di un dramma, in cui una parte sacrifica e l’altra è sacrificata. Lo spazio quindi non deve essere né retorico, né aulico, né repressivo, né amministrativo, né anonimo. E’ uno spazio specifico in cui si deve svolgere serenamente il dibattito fra giusto ed ingiusto, legge accusatrice e legge di difesa, fra orrore e comprensione umana, fra guerra interna e pace. Nel ricercare le radici di questo nuovo spazio, l’attenzione é stata posta riposta nel confronto e nell’analisi dei diversi archetipi e modelli che nei diversi tempi storici, società diverse hanno espresso, constatando, a prescindere dal tipo di giustizia esercitata l’importanza dello spazio che la conteneva. Fosse essa amministrata nell’Acropoli greca, nella basilica del Foro romano o in uno dei grandi ambienti dei vari palazzi comunali o ducali, gli spazi tributati alla Giustizia hanno sempre espresso intensamente quel dramma umano di cui si è detto. Louis Khan nel suo speculare filosofico sul tema della progettazione di edifici istituzionali usava spesso dire: “Le scuole nacquero quando sotto un albero un uomo che non sapeva di essere un maestro incominciò a discutere il suo pensiero con persone che non sapevano di essere degli allievi. Gli allievi ripensarono a quello scambio di ragionamenti e a quanto era stato bello stare insieme a quell’uomo. E desiderarono che anche i loro figli ascoltassero ciò che quell’uomo andava dicendo. Subito vennero eretti degli spazi e nacquero le prime scuole. L’istituzionalizzazione della scuola fu inevitabile perché la scuola faceva parte delle aspirazioni degli uomini. I nostri giganteschi sistemi educativi, ormai trasformati in Istituzioni, derivano da quelle piccole scuole, ma lo spirito che aveva improntato i loro inizi è oggi dimenticato.” ( Scully V., Louis Kahn, George Brazziller, New York 1962, pag. 115). Partendo dunque dal concetto che il compito dei progettisti consiste nel cercare una legittimazione del costruire contemporaneo nei rapporti tra il progetto come atto tecnico e l’abitare come esigenza culturale, di produrre cioé un’architettura che sia in grado di interpretare i nostri contenuti collettivi attraverso tecniche e materiali attuali. Questo lavoro ha perseguito l’intento di produrre un’architettura condivisibile collettivamente dove si fondano in maniera inscindibile elementi della nostra memoria e della contemporaneità. A questo scopo l’iter progettuale ha toccato temi quali la cultura materiale, la rivisitazione delle tecniche costruttive tradizionali alla luce delle tecnologie contemporanee e l’enfatizzazione dell’archetipo all’interno del processo creativo. La volontà é stata quella di ribadire che il costruire può essere legittimato solo attraverso il rispetto di determinati condizionamenti che ne costituiscono il sistema metanormativo - tecniche esecutive, materiali, cultura, storia individuale, storia collettiva sono i paradigmi di questo sistema. Un ultimo, ma non meno importante, aspetto considerato è stata l’analisi della relazione tra la fase concettuale, culturale e creativa e la concretizzazione degli intenti. In questo ambito la sincerità della poetica del progetto é stata rapportata alla cultura materiale, ai concetti di memoria (archetipi) e tradizione, alla capacità di utilizzare materiali in rapporto alla forma costruita. Un’analisi quindi della poetica nell’accezione di una teoria che non si esaurisce mai in se stessa, ma è sempre funzione della pratica. Tale analisi é stata accompagnata da un’attenta valutazione della fattibilità costruttiva con la consapevolezza di quanto risulti fondamentale gestire una realizzabilità tecnica fin dalla fase euristica. Non bisogna dimenticare che quando la progettazione prescinde dalla sua necessità di confrontarsi con il reale, perde qualsiasi contatto con l’oggettività, diventa operazione di immaginazione del singolo soggetto e non può essere considerata risposta congruente alla necessaria oscillazione dell’architettura tra arte e utilità”.

 

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UX26 - La casa di Astrea – progetto per il nuovo palazzo di giustizia di Milano

 

 

 
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